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giovedì 8 novembre 2007

MUTATE MUTANDIS: LO STIVALE STA MUTANDO

Antonio GRECO ci invia questo documento dal titolo: LO STIVALE SI TRASFORMA

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LO STIVALE SI TRASFORMA

EVITERA' IL SOTTOSVILUPPO ?


Come prevedibile, nell'era del Villaggio Globale, anche lo Stivale evolve rapidamente.


Il Bel Paese è infatti, all'inizio del secolo XXI, un enorme contenitore. Il quale appare con gran bei colori, con valli e montagne, con angoli verdi e laghi bucolici.


Contenitore, pieno pero' di speranze perdute, di progetti falliti, di promesse sgonfiate, di illusioni perdute, di fatue sicurezze mutate in fallimenti.


Si tratta, è ormai chiaro, di un'evoluzione in una sola direzione: verso l'échec di tanti obiettivi i quali furono presentati, più di un secolo fa, con rivoluzioni, sangue, fucili e sacrifici di genti diverse. Genti con forze coraggiose, cuori gagliardi, accomunate da una speranza: fondare un nuovo stato, un vero Paese europeo, mettendo insieme abitudini, capacità, e cucine diverse.


Cio' accadde verso il 1870. La nuova nazione, appena formata, inizio', come altri stati europei, a percorrere i sentieri della storia. Con conquiste, alleanze, guerre e concordati che avevan lo scopo di ottenere, per i futuri Italiani, un posto al sole dell'Europa. Con spazi, materiali, lavoro, scorci lussureggianti e bandiere al vento, ma anche con mezzi di produzione, con potenze industriali.


Fissi su tali obiettivi, generazioni di Italiani sudarono e regalarono al nuovo Paese sforzi di muscoli e slanci di cuore. Molti di loro morirono soddisfatti di aver regalato ai propri discendenti una speranza, una potenza, una modernità, un nome rispettato.


Dove siamo poi finiti ?



Ci siamo accorti nell'ultimo lustro che l'eredità promessa non c'è più. Difficile trovare, nel Bel Paese, pace, risorse sufficienti ai molti appetiti, capacità di gestione efficiente, speranze da lanciare in alto per poter superare qualche difficoltà.


I guai che abbiamo oggi sono noti: l'occupazione non aumenta, le leggi ed i diritti troppo spesso restano sulla carta. I diversi clans, cordate e congreghe, che non diventarono come promesso una società nazionale, si accapigliano per prendere possesso delle risorse, le quali sono in diminuzione. Mentre gli sprechi sono in aumento, loro, visto che abbiamo tanti politici, formati alla scuola della Commedia dell'Arte Politica, che si danno da fare...


Perché questa evoluzione negativa ?
Perché le disillusioni ? I motivi sono tanti, ma qualcuno ben visibile chi è portato alla riflessione, ai paragoni coll'Europa, lo puo' raccontare.


I ministri della P.I., dall'unificazione del regno d'Italia a oggi, non hanno mai capito che la famosa frase “Fatta l'Italia, bisogna fare gli Italiani” indicava la necessità di un'azione educativa determinata, continua, seria (non all'italiana) e ben organizzata.


Bisognava, era evidente a persone di buon senso, educare, strutturare una società, chiarendo i diritti e doveri dei cittadini e dello stato, cioé un Patto Sociale. Nessun primo ministro lo ha fatto, per più di un secolo. E infatti, nel nuovo Regno d'Italia, si continuo' a gestire la cosa pubblica come prima, cogli interessi particolari. Ogni clan e principato ha agito per conto suo. Fino ad oggi, troppo spesso cosi è andata. E' vero che, all'inizio delle evoluzioni, la poca autorità del re limitava in qualche modo le lotte fra i clans. E vero che, fino a dieci anni fa, i clans agivano nell'ombra, in quanto il doppio scenario ed il doppio linguaggio permettevano di far finta di gestire un “popolo unico”, di proteggere i suoi interessi nazionali. Mi chiedo ora se non siamo divenuti ..... l' esempio europeo del doppio scenario ? E se siamo degli europei maturi ?


Un secondo evento spiacevole: pur vivendo in Europa, gli abitanti dello Stivale non hanno imparato l'organizzazione e qualche altro strumento che è necessario per gestire un Paese. Come la chiarezza, la coerenza, l'efficienza, la correttezza e l'onestà, il rigore, la responsabilità, il realismo, il valore, il merito che genera impegno, applicati alla vita sociale. Cioé i valori positivi, conditi da bastoni e da carote. Quei pochi che c'erano sono stati spazzati via dai politici, ma non solo da loro.... Non è chiaro perché questo sia avvenuto. Forse perché il serpente corruzione viaggia un po' troppo ? Forse perché gli Italiani, leggermente distratti dal calcio e da spettacolini TV insulsi ma con belle cosce, non vedono cosa succede nella società ? Forse per i troppi mesi di calura ? O forse per la pressione e la demagogia di qualche padrino influente ? Sarà anche per l'insufficiente serietà ? Non si capisce. Ma sta di fatto che, oggi, gli Italiani accettano........ qualsiasi sopraffazione senza proteste.

Any way out ? La via d'uscita esiste, ma è una strada molto stretta. Sapranno gli Italiani, che si muovono in un pantano di interessi di parte, identificarla in maniera sicura ?

L' unica reale possibilità di avere un futuro, deve cominciare da una riflessione seria sulla realtà effettiva, quella che non è stata detta: che emigrati testimonino e mostrino quali sono i GAPs verso le condizioni di uno sviluppo possibile. Mostrino cosa é un patto sociale, come si costruisce una “società della fiducia”, come si inventano i bastoni e le carote, che è la sola via che permetterebbe uno sviluppo economico. Non dovrà esser difficile organizzare la testimonianza di emigrati....Un'altra condizione: esclusione dei politici da una riflessione seria, efficace, che non sia preseduta dal solito presidente che, non sapendo presiedere o avendo qualche interesse, accetta tutto......

A futura memoria. Lo Stivale è terra di confine fra l'Europa e il Maghreb. A seconda di quello che gli Italiani faranno o non faranno nei prossimi tre-quattro anni, vedremo nel 2015 una o l'altra di queste due situazioni: a) il Bel Paese sarà riuscito a europeizzarsi, dopo esser divenuto serio; b) l'Italia sarà parte del Maghreb. Attenzione, la soluzione a) non potrà avverarsi senza un'azione determinata del tipo: “·aprire gli occhi”; “realizzare le azioni urgenti e necessarie per evitare il terzo mondo”.

Inviato da Antonio GRECO

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